Il potere del gioco simbolico: quando una banana diventa un telefono
Giorno 10 – Il linguaggio segreto del gioco
14 sguardi quotidiani sul gioco, aspettando il Natale

A un certo punto, senza preavviso, tuo figlio prende una banana e la avvicina all’orecchio: “Pronto?”
Sorride. Ti guarda complice. E in quell’istante capisci: è successo qualcosa di importante.
Quello che stai osservando non è solo un gesto buffo o imitativo. È gioco simbolico: la forma più alta di gioco e uno dei traguardi più affascinanti dello sviluppo infantile. È il momento in cui il bambino inizia a giocare con le idee, non solo con gli oggetti. Quando qualcosa diventa qualcos’altro, e il mondo si apre alla fantasia.
Prima di fingere, si imita: l’origine del gioco simbolico
Molto prima che un cucchiaio diventi una bacchetta magica o che una scatola diventi un castello, i bambini imparano qualcosa di ancora più profondo e fondamentale: ad osservare, ricordare e imitare.
Il gioco simbolico non nasce nel vuoto. Affonda le sue radici in qualcosa di più primitivo, più antico, più semplice solo in apparenza: l’imitazione.
Fin dai primi mesi di vita, i neonati osservano attentamente chi hanno intorno. E quando mamma sorride, anche loro sorridono. Quando il papà batte le mani, loro provano a farlo.
Non si tratta solo di copia. È apprendimento relazionale, corporeo, profondo.
All’inizio imitano il presente: il gesto che vedono in quel momento.
Ma col tempo, e con lo sviluppo della memoria, iniziano a riattivare nella mente un’azione vista in passato, magari il giorno prima, e a ripeterla anche in assenza del modello.
È il passaggio alla cosiddetta imitazione differita.
Un bambino che ieri ha visto mamma battere un mestolo su una pentola, oggi ripeterà il gesto… con un cucchiaio di legno, magari su una scatola.
L’azione è la stessa, ma gli oggetti sono diversi. Il cucchiaio sostituisce il mestolo. La scatola, la pentola.
E proprio in quel momento, senza accorgercene, siamo entrati nel mondo del gioco simbolico.
Dal gesto alla finzione: come nasce il gioco simbolico
Il gioco simbolico non nasce all’improvviso. Si costruisce lentamente, a partire da ciò che i bambini vedono ogni giorno.
All’inizio c’è l’imitazione: un cucchiaio portato alla bocca, una tazza vuota sollevata in un finto sorso. Sono gesti osservati, interiorizzati, ripetuti. Ma presto accade qualcosa di nuovo: quel gesto non è più solo una copia, diventa intenzionalmente finto.
Il bambino sa che nella tazza non c’è nulla, ma sceglie di fingere che ci sia. E ride. E ti invita a giocare con lui: “Bevi, mamma!”, anche se ancora non ha le parole per dirtelo.
È il momento in cui il pensiero astratto prende forma.
Un cucchiaio non serve solo per mangiare: può diventare un microfono, una spada, una bacchetta magica.
Dai gesti isolati alle sequenze narrative
Intorno ai due anni, questo tipo di gioco si arricchisce.
I bambini cominciano a creare mini-storie: sequenze logiche di gesti simbolici, legate tra loro da un filo invisibile di significato.
Il pupazzo viene imboccato, poi lavato con cura, infine messo a dormire sotto un fazzoletto usato come coperta.
In questi piccoli mondi le emozioni prendono forma: prendersi cura, accogliere, proteggere.
È anche il periodo in cui i bambini amano usare oggetti reali o realistici per giocare: cucine in legno, piattini, bambole, coperte.
Poi, pian piano, anche questo cambia: un blocco può diventare una mela, un pezzo di legno un cellulare.
Non serve più che l’oggetto assomigli a ciò che rappresenta: basta che il bambino lo dichiari. È simbolo. È gioco.
Il bambino diventa il simbolo
Intorno ai quattro o cinque anni, il gioco simbolico compie un altro salto: il bambino diventa egli stesso il personaggio.
Non gioca con qualcosa, gioca ad essere qualcuno: il veterinario, la principessa, il papà, l’esploratore spaziale.
E nel farlo, sperimenta ruoli, emozioni, linguaggi. Allena la capacità di immedesimarsi, di creare, di trovare soluzioni.
Questi giochi non sono “solo” giochi. Sono palestra emotiva, linguistica, sociale.

Simboli oggi, parole domani
Il gioco simbolico è il primo passo verso il pensiero astratto. Ed è profondamente legato allo sviluppo del linguaggio.
Perché le parole sono simboli: quando diciamo “gatto”, non stiamo mostrando un animale, ma usando un suono per rappresentarlo.
Lo stesso vale per la scrittura: le lettere “m-a-m-m-a” non assomigliano a una madre, ma la evocano.
Perché il bambino possa comprendere e utilizzare questi sistemi simbolici — linguaggio, lettura, scrittura — deve prima poter giocare con i simboli.
Infatti, quando un bambino gioca a far finta non sta solo divertendosi: sta costruendo i mattoni del pensiero simbolico.
E il pensiero simbolico è ciò che rende possibile leggere, scrivere, comunicare idee complesse.
Gioco simbolico e approccio Montessori: realtà, immaginazione e radici profonde
Quando si parla di Montessori, ci si potrebbe chiedere : “Ma allora il gioco simbolico è scoraggiato?”
La risposta non è semplice. Come spesso accade nei percorsi educativi più profondi, serve uno sguardo attento, e una lettura sottile tra le righe.
Prima la realtà, poi l’immaginazione
Maria Montessori osservò che i bambini, quando messi di fronte a oggetti “di finzione” e oggetti reali, sceglievano la realtà.
Preferivano tagliare una mela vera piuttosto che fingere di cucinare in una cucina giocattolo.
Da qui nacque la centralità delle attività di vita pratica nelle sue classi: apparecchiare la tavola, lavare una verdura, pulire uno specchio... tutto vero, tutto tangibile.
Non perché l’immaginazione non fosse importante, ma perché, secondo l’approccio Montessori, l’immaginazione autentica nasce da un solido contatto con la realtà.

Immaginazione sì, fantasia no?
Nel contesto montessoriano si distingue spesso tra:
-
immaginazione, come rielaborazione creativa del vissuto concreto (giocare alla scuola, fare finta di cucinare, essere un dottore...),
-
e fantasia scollegata dalla realtà, come fate, draghi, personaggi animati o supereroi.
Non che la fantasia sia “vietata”, ma si suggerisce di limitarne l’esposizione nei primi 6 anni, perché in questa fase il bambino non distingue ancora chiaramente tra reale e immaginario.
Una strega in una fiaba può essere vissuta come reale, una mela potrebbe essere avvelenata e si potrebbe davvero cadere in un sonno profondo per 100 anni, e questo potrebbe generare paure concrete.
Per questo motivo, la pedagogia Montessori invita a nutrire l’immaginazione con esperienze radicate nel quotidiano, evitando giochi, storie o materiali che confondano troppo la percezione della realtà.

Il gioco simbolico come rielaborazione del vissuto
Nell’approccio Montessori, il gioco simbolico non viene scoraggiato se nasce dal vissuto del bambino.
Giocare a “fare la spesa”, “essere la maestra”, “accudire un neonato”... sono tutte forme preziose di rielaborazione della realtà.
Quando un bambino gioca alla scuola o alla mamma, non sta evadendo dal reale, ma lo sta elaborando, ripetendo, comprendendo.
Sta imparando.
Per questo, anche nelle classi montessoriane si lascia spazio al gioco spontaneo:
una fattoria dove gli animali vengono nutriti e messi a dormire,
un cubo che diventa casa, negozio o rifugio,
una cesta di blocchi che si trasforma in strade, torri, zoo immaginari.
La chiave è che non siano giochi “preconfezionati”, con funzioni prestabilite (es. costume da pompiere o set da principessa), ma materiali aperti che invitino alla libera interpretazione.
E a casa?
Se desiderate ispirarvi a una filosofia montessoriana anche tra le mura domestiche, potete creare uno spazio in cui il gioco simbolico sia libero, aperto e radicato nella realtà quotidiana.
A differenza dell’ambiente scolastico, la casa offre infatti una cornice più morbida, dove il bambino può sperimentare con meno limiti e più complicità.
I bambini amano cucinare davvero — affettare, mescolare, versare. Ma non sempre possiamo coinvolgerli nella preparazione dei pasti.
In questi casi, una piccola cucina giocattolo, con utensili veri e a misura di mano, può diventare un luogo prezioso dove mettere in scena la vita, in sicurezza e autonomia.
Lo stesso vale per i libri: privilegiando storie radicate nel quotidiano, aiutiamo il bambino a orientarsi nel mondo che lo circonda.
E, di tanto in tanto, quando leggiamo una fiaba o un racconto fantastico, possiamo trasformarlo in un’occasione per dialogare:
“Secondo te, i gatti guidano davvero l’auto?”
“Chi ha mai visto una rana con un cappello?”
Non si tratta di negare la fantasia, ma di accompagnare il bambino a costruire gli strumenti per comprenderla, distinguendo tra ciò che è reale e ciò che è immaginario… quando sarà pronto a farlo.

Cosa possiamo fare noi genitori?
Spesso il miglior regalo che possiamo fare ai nostri figli è semplice: tempo, spazio e silenzio.
Tempo per giocare senza interruzioni.
Spazio per creare scenari sempre nuovi.
Silenzio per ascoltare ciò che emerge.
Non servono giocattoli costosi. Una coperta può diventare una tenda. Una scatola, una navicella. Un cucchiaio, una spada.
Ma serviamo noi: come presenza, non come registi.
Non per dirigere il gioco, ma per accoglierlo, per essere il pubblico silenzioso e partecipe di un’opera che ogni giorno cambia trama.
I nostri preferiti per il gioco simbolico – La selezione Cucù
Nel nostro store troverai una selezione accurata di materiali pensati per accompagnare i bambini nella scoperta del gioco simbolico, senza forzature, senza fronzoli, con semplicità e bellezza.
Abbiamo scelto giochi che lasciano spazio all’immaginazione, che si prestano a mille usi, e che permettono ai bambini di rielaborare la realtà attraverso il gioco. Ecco alcuni dei nostri preferiti:
Maileg – Storie da inventare, vite da accudire

I topini Maileg sono piccoli personaggi poetici, che entrano nelle narrazioni dei bambini con naturalezza. Possono diventare fratellini, compagni di avventura, pazienti da curare o amici da invitare a una festa.
Con i loro accessori mini (lettini , valigie, seggioloni...), il gioco simbolico si arricchisce di dettagli teneri e infiniti scenari.
Grapat – Il simbolico che cresce insieme al bambino

Con le sue forme semplici e prive di connotazioni, Grapat permette ai bambini di creare significato. Un Nins può essere un papà, un cavaliere, un albero o una voce interiore.
Il gioco non è guidato, ma profondamente personale.
Perfetto per accompagnare lo sviluppo del pensiero astratto in modo naturale.
Grimm’s – Costruire mondi, raccontare storie

I materiali Grimm’s, come l’arcobaleno grande, le torte a fette, le casette e le figure, permettono ai bambini di costruire scenari, inventare storie, rappresentare la casa, la scuola, il viaggio.
Sono strumenti versatili che uniscono simbolico, motorio e creativo in un solo gesto.
Play kitchen & accessori reali

Anche se una vera cucina resta l’esperienza più autentica, una piccola cucina in legno (con materiali veri o realistici) può offrire al bambino un luogo per giocare alla vita, quando non può essere coinvolto realmente.
Nel nostro store trovi mini utensili da cucina veri, a misura di bambino, per vivere il simbolico… nella realtà.
Animali in legno – Il mondo a portata di mano

Che si tratti di animali della fattoria, del bosco o della savana, le figure in legno (come Holztiger o Ostheimer) sono ideali per il gioco simbolico libero.
I bambini inventano dialoghi, si prendono cura, organizzano viaggi, nascite, salvataggi e addii.
È il mondo, in miniatura, che si può toccare.
Case e personaggi: piccoli mondi per immaginare

Le case delle bambole non sono solo giocattoli. Sono palcoscenici aperti dove ogni giorno prende forma una nuova storia.
Nella nostra selezione troverai casette in legno essenziali e personaggi poetici, pensati per lasciare spazio alla narrazione, al gioco libero, al simbolico.
Materiali aperti per case, negozi e scenari

Blocchi neutri, teli, tessuti, tappi, mollette: nella nostra selezione trovi anche materiali destrutturati che possono essere reinventati ogni giorno.
Perché un cuscino può essere una barca. Un foulard, il mantello di un guaritore.
E la fantasia… non ha mai una sola forma.
Una selezione curata, testata, amata
Ogni prodotto nello shop Cucù è scelto con cura, provato con i bambini, e pensato per accompagnare crescita, gioco e libertà.
Non tutto ciò che stimola la fantasia deve brillare o fare rumore.
A volte, basta un piccolo topino, una ciotola di legno o due Nins che si salutano in silenzio.
Il gioco simbolico è il linguaggio del possibile
Quando tuo figlio accosta una banana all’orecchio, non sta solo “facendo finta”.
Sta costruendo mondi, negoziando significati, imparando a pensare per simboli.
Sta dicendo: “Io posso trasformare il reale. Posso esplorarlo, riscriverlo, giocarci.”
E noi possiamo solo ascoltare, stupirci, e lasciarlo fare.
Perché in quel gesto c’è già tutto: la creatività, la comprensione del mondo e la fiducia che un altro finale sia sempre possibile.

